Ciao a tutti, è un pò di tempo che non scrivo perchè la nascita di un figlio limita molto il tempo libero.
Mi sono imbattuto in alcuni forum nei quali la maggior parte dei giovani sostiene che la musica attuale sia musica originale e di grande spessore, e che, proprio come sostenono i loro genitori relativamente alla loro generazione, anche la musica odierna sarà ascoltata fra trent'anni.
Sapete già come la penso in proposito, ma come al solito cercherò di mantenere la mia solita imparzialità ed educazione.
Ai ragazzi di oggi posso concedere che per ogni persona la musica della generazione cui appartiene tende a rimanere nel cuore, non tanto per la validità della musica stessa, ma perchè quest'ultima ha la capacità di ricondurci al periodo maggiormente rimpianto: la gioventù!
Invece, per quanto rigurada il fatto che la musica odierna venga riascoltata fra trent'anni, beh io qui mi soffermerei un attimo a riflettere, ed invito caldamente anche voi a fare altrettanto....
Ecco la musica odierna: originalità e creatività!
La nostra gioventù è solo capace di scopiazzare ed anche male canzoni che si ascoltano ancora dopo trent'anni.
A voi i commenti...
Ciao ed alla prossima....
La nostra gioventù
Ronan Keating - Time After Time
Noi poveri matusa
Cyndi Lauper "Time After Time"
La nostra gioventù
Dee-Tah - Relax
Noi poveri matusa
Dire Straits Why Worry
venerdì 9 luglio 2010
mercoledì 24 marzo 2010
Classifiche dei migliori assoli di chitarra elettrica? No grazie!
Navigando nel mondo del web, mi sono spesso imbattuto in discussioni relative alle classifiche dei migliori assoli di chitarra elettrica, stilati fra l'altro da importanti testate giornalistiche americane ed inglesi di cui non faccio il nome.
L'argomento è sicuramente uno dei più ardui da affrontare, motivo per il quale ho deciso di non lasciare commenti che non avrebbero portato a nessun risultato, ed inoltre devo confessare che, dopo aver seguito alcuni dibattiti, ho sentito la necessità di dedicarmi a qualcosa di più costruttivo.
Vorrei che una volta per tutte fosse sancita la totale ed assoluta inutilità di queste assurde classifiche!
- Innanzitutto una classifica seria dovrebbe includere artisti facenti parte dello stesso genere musicale, mentre spesso avviene il contrario. E' assurdo paragonare chitarristi esponenti di un diverso genere musicale (jazz-pop-rock-metal-heavy metal-blues etc.), perchè a quel punto, venendo a mancare i criteri fondamentali ed oggettivi sui quali dovrebbe basarsi una classifica degna di tale nome, il confronto non è obiettivamente possibile.
E' come se decidessimo di stilare una classifica della miglior permormace su strada mai realizzata, includendo piloti di Formula 1 - Moto Gp - Rally - Gran Turismo etc...Anche un neofita di questi sport si renderebbe conto dell'impossibilità di mettere a confronto categorie così diverse.
- Il secondo punto da considerare è rappresentato dall'eterno contrasto fra i sostenitori dei chitarristi che padroneggiano la tecnica alla perfezione e coloro che amano i chitarristi meno avvezzi al virtuosismo, magari autodidatti, ma dotati di un tocco e di un modo di suonare tutto loro, esponenti di una musica che nasce dall'anima e va diritta al cuore, quand'anche si trattasse di un assolo fatto di poche note.
Personalmente io la definisco, forse impropriamente, la diatriba fra tecnica e creatività, perchè, nell'ambito della mia piccola esperienza, ho incontrato un discreto numero di chitarristi diplomati al conservatorio e dotati di una grande tecnica, ma molto limitati in quanto a creatività ed improvvisazione. Molti considerano ciò che ho appena affermato un luogo comune, ma io non la penso così: sicuramente tecnica e creatività possono coesistere fra loro, ma a mio avviso un chitarrista troppo tecnico, inevitabilmente condizionato dall'impostazione metodologica acquisita durante i suoi studi, è sicuramente meno avvezzo all'improvvisazione che nasce dall'anima, dal genio dell'artista e va diritta al cuore.
Non vorrei essere frainteso e neanche ritrattare ciò che detto: certamente apprezzo la capacità di paroneggiare lo strumento, da un punto di vista prettamente tecnico, di Steve Vai o di Joe Satriani, perchè è un fatto oggettivo ed innegabile, ma d'altronde sono chitarristi che a me trasmettono poco.
Mentre non posso negare quanto mi comunichino Mark Knopfler, Eric Clapton, David Gilmour o Jimmy Page, per citarne alcuni.
- Infine si arriva al terzo punto, che a mio avvsio è il più importante: quanto può essere oggettiva ed obiettiva una classifica stilata da giornalisti, sicuramente competenti ed in possesso di una grande esperienza, quando la bellezza è decisamente soggettiva e non oggettiva?
"De gustibus non disputandum est": scegliere addirittura il miglior assolo di tutti i tempi penso sia una mera utopia, ed anche un bell'esempio di superficialità e supponenza!
Siamo esseri umani, e siccome fortunatamente non siamo tutti uguali, ognuno di noi in base ai suoi gusti, ai suoi parametri ed ai suoi criteri del tutto soggettivi, ha la capacità di elaborare una propria critica personale, basata comunque su dei fondamenti assolutamenti leciti, rispettabili ed ovviamente opinabili.
Non abbiamo più bisogno di queste classifiche prive di senso. L'unico motivo per il quale continuano a propinarcele può essere finalizzato ad indirizzare il pubblico verso un determinato orientamento musicale, favorendo inevitabilemente il processo di massificazione, aumentare il proprio share etc...
Comunque il risultato è quasi sempre caratterizzato da una miriade di polemiche sterili e fini a se stesse.
Si potrebbero invece stimolare discussioni costruttive in modo molto più intelligente, senza classifcare necessariamente un artista, etichettandolo in una casella contrassegnata da un numero, in base a parametri arbitrari e sconosciuti: magari ci dicessero quali sono questi parametri, così forse potremmo stilare noi una classifica del quoziente intellettivo di questi giornalisti!
L'argomento è sicuramente uno dei più ardui da affrontare, motivo per il quale ho deciso di non lasciare commenti che non avrebbero portato a nessun risultato, ed inoltre devo confessare che, dopo aver seguito alcuni dibattiti, ho sentito la necessità di dedicarmi a qualcosa di più costruttivo.
Vorrei che una volta per tutte fosse sancita la totale ed assoluta inutilità di queste assurde classifiche!
- Innanzitutto una classifica seria dovrebbe includere artisti facenti parte dello stesso genere musicale, mentre spesso avviene il contrario. E' assurdo paragonare chitarristi esponenti di un diverso genere musicale (jazz-pop-rock-metal-heavy metal-blues etc.), perchè a quel punto, venendo a mancare i criteri fondamentali ed oggettivi sui quali dovrebbe basarsi una classifica degna di tale nome, il confronto non è obiettivamente possibile.
E' come se decidessimo di stilare una classifica della miglior permormace su strada mai realizzata, includendo piloti di Formula 1 - Moto Gp - Rally - Gran Turismo etc...Anche un neofita di questi sport si renderebbe conto dell'impossibilità di mettere a confronto categorie così diverse.
- Il secondo punto da considerare è rappresentato dall'eterno contrasto fra i sostenitori dei chitarristi che padroneggiano la tecnica alla perfezione e coloro che amano i chitarristi meno avvezzi al virtuosismo, magari autodidatti, ma dotati di un tocco e di un modo di suonare tutto loro, esponenti di una musica che nasce dall'anima e va diritta al cuore, quand'anche si trattasse di un assolo fatto di poche note.
Personalmente io la definisco, forse impropriamente, la diatriba fra tecnica e creatività, perchè, nell'ambito della mia piccola esperienza, ho incontrato un discreto numero di chitarristi diplomati al conservatorio e dotati di una grande tecnica, ma molto limitati in quanto a creatività ed improvvisazione. Molti considerano ciò che ho appena affermato un luogo comune, ma io non la penso così: sicuramente tecnica e creatività possono coesistere fra loro, ma a mio avviso un chitarrista troppo tecnico, inevitabilmente condizionato dall'impostazione metodologica acquisita durante i suoi studi, è sicuramente meno avvezzo all'improvvisazione che nasce dall'anima, dal genio dell'artista e va diritta al cuore.
Non vorrei essere frainteso e neanche ritrattare ciò che detto: certamente apprezzo la capacità di paroneggiare lo strumento, da un punto di vista prettamente tecnico, di Steve Vai o di Joe Satriani, perchè è un fatto oggettivo ed innegabile, ma d'altronde sono chitarristi che a me trasmettono poco.
Mentre non posso negare quanto mi comunichino Mark Knopfler, Eric Clapton, David Gilmour o Jimmy Page, per citarne alcuni.
- Infine si arriva al terzo punto, che a mio avvsio è il più importante: quanto può essere oggettiva ed obiettiva una classifica stilata da giornalisti, sicuramente competenti ed in possesso di una grande esperienza, quando la bellezza è decisamente soggettiva e non oggettiva?
"De gustibus non disputandum est": scegliere addirittura il miglior assolo di tutti i tempi penso sia una mera utopia, ed anche un bell'esempio di superficialità e supponenza!
Siamo esseri umani, e siccome fortunatamente non siamo tutti uguali, ognuno di noi in base ai suoi gusti, ai suoi parametri ed ai suoi criteri del tutto soggettivi, ha la capacità di elaborare una propria critica personale, basata comunque su dei fondamenti assolutamenti leciti, rispettabili ed ovviamente opinabili.
Non abbiamo più bisogno di queste classifiche prive di senso. L'unico motivo per il quale continuano a propinarcele può essere finalizzato ad indirizzare il pubblico verso un determinato orientamento musicale, favorendo inevitabilemente il processo di massificazione, aumentare il proprio share etc...
Comunque il risultato è quasi sempre caratterizzato da una miriade di polemiche sterili e fini a se stesse.
Si potrebbero invece stimolare discussioni costruttive in modo molto più intelligente, senza classifcare necessariamente un artista, etichettandolo in una casella contrassegnata da un numero, in base a parametri arbitrari e sconosciuti: magari ci dicessero quali sono questi parametri, così forse potremmo stilare noi una classifica del quoziente intellettivo di questi giornalisti!
lunedì 15 marzo 2010
Alex Britti: 'Intro' - Unplugged
Ciao a tutti, questo sarà un post molto breve...
Ciao ed alla prossima...
Volevo solo ricordare che per sfondare nel mondo della musica ed essere riconosciuti come veri artisti la strada è piena di insidie: spesso bisogna sottostare al giogo delle case discografiche le quali, dovendo attenersi a loro volta alle leggi del mercato, sfornano in continuazione musica che dal mio punto di vista lascia alquanto a desiderare. Il tutto per soddisfare le richieste di un pubblico molto vasto e sempre più accanito, ed aggiungo con un pò di presunzione, sempre meno esigente di quanto si pensi (chi ha orecchio intenda!).
Comunque tornando a noi, c'è anche chi per fortuna, dopo essersi "violentato" per arrivare al successo, ha il coraggio di soffermarsi un attimo su ciò che realmente vuole fare, e che pur continuando a fare musica per permettersi una vita dignitosa, non essendo così avido, ha il coraggio di svincolarsi parzialmente da questo circolo vizioso della musica comerciale concedendosi qualche momento di svago...
Alex sei un chitarrista veramente in gamba!
Ora che la gente sa quanto vali continua così: continua a fare dischi senza essere troppo legato ai vincoli delle case discografiche e prenditi un pò di tempo per ciò che sai fare...
Sentite qui....
Ciao ed alla prossima...
mercoledì 10 marzo 2010
Edoardo Bennato: "Il Gatto e la Volpe"
Chitarrista, armonicista e cantante, dopo un'esperienza londinese Edoardo Bennato comincia a proporsi come “one man band” suonando contemporaneamente oltre alla chitarra ed all'armonica anche tamburelli, kazoo ed altre percussioni.
La sua musica, pur incarnando inevitabilmente influenze mediterranee e partenopee, è caratterizzata notevolmente dai grandi esponenti della musica Rock-pop dell’epoca, fra i quali vanno citati Jimmy "Hammond" Smith, Paul Anka e Neil Sedaka, anche se Bob Dylan è l’ispiratore per eccellenza di Edoardo Bennato non soltanto da un punto di vista musicale ma anche da un punto di vista scenico.
“La torre di Babele” esce nel 1976 e prosegue sulla strada dell'impegno sociale dei testi, ma con venature musicali più vicine al rock e al blues, sempre in chiave acustica, grazie anche alla presenza del chitarrista “Roberto Ciotti”. Il disco contiene tutti i temi cari a Bennato che si schiera contro la guerra, l'arrivismo, l'arroganza e il divismo della sua categoria. Dopo trent'anni, il disco stupisce ancora per l'attualità dei testi e la forza delle parole in essi contenute, unitamente ad uno stile musicale incisivo, a volte martellante e sempre raffinatamente acustico, molto prima che la moda dell'unplugged lo imponesse (e prima che le tecnologie di amplificazione e registrazione degli strumenti acustici ne permettessero un uso intenso).
Nel 1977 esce “Burattino senza fili”, una metafora del potere, che impone la propria cultura e la propria nozione di normalità, respingendo e opprimendo chi si allontani dalle regole prefissate e osi cercare una propria, personale visione del mondo. Si tratta di un disco ripropone le vicissitudini di Pinocchio in chiave metaforica e mostra un doppio piano di lettura: la storia di “Carlo Collodi” tale e quale e la riproposizione dei modelli dei suoi personaggi in chiave moderna.
I brani di “Burattino senza fili” sono quasi tutti centrati sulla reinterpretazione di singoli personaggi della storia in funzione del tema generale del dualismo normale/anormale. Il tema fondamentale dell'evoluzione di Pinocchio da burattino a bambino, diventa, in questa chiave di lettura, la storia di una rinuncia alla propria natura e di abbandono alla passiva osservanza dei valori precodificati della cultura dominante.
Vorrei soffermarmi su “Il gatto e la volpe”, uno dei maggiori successi di Bennato, che si può considerare la canzone trainante dell'intero album, grazie al motivo accattivante e ben riuscito. Nel testo sono prese di mira, in modo piuttosto chiaro, quelle persone che cercano di sfruttare il prossimo, presentandosi come confidenti e consiglieri, con riferimento anche esplicito allo show business ed in particolar modo alle case discografiche.
In questa canzone, tutt’ora di grande attualità, Bennato si mette nei panni di chi, come lui a suo tempo, cerca di proporre la sua musica al pubblico scontrandosi inevitabilmente con la dura realtà: molti artisti infatti non riescono ad ottenere un contratto discografico rimanendo così nell’anonimato. E gli artisti in possesso di un contratto discografico non necessariamente sono più fortunati e destinati a raggiungere il successo.
Bennato questo lo sa benissimo!
Un contratto, in virtù della sua natura giuridica, vincola per diversi anni il musicista all’etichetta discografica: pena l’essere multati con cifre esorbitanti ed insostenibili per un artista di piccolo calibro. E se, per qualsiasi motivo, l’etichetta discografica decidesse di non puntare più su di lui ma su un altro cavallo della sua scuderia, cosa succederebbe? E se il produttore si rivelasse un cialtrone e non investisse realmente nella promozione come aveva promesso? Semplice, la carriera dell’aspirante cantautore sarebbe bruciata. Sicuramente per 4-5 anni l’artista verrebbe paralizzato da un contratto capestro.
E non crediate che queste eventualità siano esclusive di qualche povero malcapitato: questa è la realtà discografica che purtroppo un aspirante cantautore deve imparare a conoscere e ad accettare. Egli può realizzare un album con la Major più importante al mondo, ma se quest’ultima non investe nella promozione, può mettere il suo bell’album marchiato Sony nel cassetto. La politica del fare di tutto, anche lo spendere cifre spaventose per realizzare un cd con una grande etichetta, non è sempre così vincente come si crede. Valanghe di sconosciuti l’hanno fatto, li abbiamo incontrati di sfuggita nei supermercati, dal fruttivendolo, in posta…
Eppure sono rimasti sconosciuti! Non sempre perché non erano bravi, ma forse per alcune scelte sbagliate della casa discografica stessa, che magari ha optato per un prezzo di mercato troppo elevato per un cd di un artista emergente, il quale invece, almeno inizialmente, avrebbe il diritto di farsi conoscere ed apprezzare mediante un collocamento dei sui cd sul mercato a prezzi più contenuti rispetto ad un artista già affermato.
Questo è il senso che io attribuisco a “Il gatto e la volpe”, che a mio avviso è proprio una critica allo sfruttamento ed ai vincoli cui gli artisti, speranzosi ed un po’ ingenui perché privi di esperienza, sono sottoposti in particolar modo dalle case discografiche.
Il testo
Il gatto e la volpe
Edoardo Bennato
Quanta fretta, ma dove corri, dove vai ?
Se ci ascolti per un momento, capirai,
lui è il gatto, ed io la volpe,
stiamo in società, di noi ti puoi fidar.
Puoi parlarci dei tuoi problemi, dei tuoi guai
i migliori in questo campo siamo noi
è una ditta specializzata
fai un contratto e vedrai
che non ti pentirai...
Noi scopriamo talenti e non sbagliamo mai
noi sapremo sfruttare le tue qualità
dacci solo quattro monete
e ti iscriviamo al concorso
per la celebrità...!
Non vedi che è un vero affare
non perdere l'occasione
sennò poi te ne pentirai.
Non capita tutti i giorni
di avere due consulenti
due impresari, che si fanno
in quattro per te...!
Avanti non perder tempo firma qua
è un contratto, è legale, è una formalità
tu ci cedi tutti i diritti
e noi faremo di te
un divo da hit parade !
Quanta fretta, ma dove corri, dove vai ?
Che fortuna che hai avuto ad incontrare noi
lui è il gatto ed io la volpe
stiamo in società, di noi ti puoi fidare...
di noi ti puoi fidar...
di noi ti puoi fidar...
Questa invece è una chicca in cui l’intro è un chiaro panorama delle tematiche di Bennato di cui abbiamo già parlato: lo schieramento contro la guerra, l'arrivismo, l'arroganza, il divismo della sua categoria, il potere, che impone la propria cultura e la propria nozione di normalità, respingendo e opprimendo chi si allontani dalle regole prefissate e osi cercare una propria, personale visione del mondo ed ancora il tema del dualismo normale/anormale.
Ciao ed alla prossima
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