Ricerca personalizzata

venerdì 9 luglio 2010

"La musica odierna: originalità e creatività!"

Ciao a tutti, è un pò di tempo che non scrivo perchè la nascita di un figlio limita molto il tempo libero.

Mi sono imbattuto in alcuni forum nei quali la maggior parte dei giovani sostiene che la musica attuale sia musica originale e di grande spessore, e che, proprio come sostenono i loro genitori relativamente alla loro generazione, anche la musica odierna sarà ascoltata fra trent'anni.

Sapete già come la penso in proposito, ma come al solito cercherò di mantenere la mia solita imparzialità ed educazione.
Ai ragazzi di oggi posso concedere che per ogni persona la musica della generazione cui appartiene tende a rimanere nel cuore, non tanto per la validità della musica stessa, ma perchè quest'ultima ha la capacità di ricondurci al periodo maggiormente rimpianto: la gioventù!
Invece, per quanto rigurada il fatto che la musica odierna venga riascoltata fra trent'anni, beh io qui mi soffermerei un attimo a riflettere, ed invito caldamente anche voi a fare altrettanto....

Ecco la musica odierna: originalità e creatività!
La nostra gioventù è solo capace di scopiazzare ed anche male canzoni che si ascoltano ancora dopo trent'anni.
A voi i commenti...
Ciao ed alla prossima....

La nostra gioventù

Ronan Keating - Time After Time



Noi poveri matusa


Cyndi Lauper "Time After Time"



La nostra gioventù


Dee-Tah - Relax



Noi poveri matusa

Dire Straits Why Worry

mercoledì 24 marzo 2010

Classifiche dei migliori assoli di chitarra elettrica? No grazie!

Navigando nel mondo del web, mi sono spesso imbattuto in discussioni relative alle classifiche dei migliori assoli di chitarra elettrica, stilati fra l'altro da importanti testate giornalistiche americane ed inglesi di cui non faccio il nome.
L'argomento è sicuramente uno dei più ardui da affrontare, motivo per il quale ho deciso di non lasciare commenti che non avrebbero portato a nessun risultato, ed inoltre devo confessare che, dopo aver seguito alcuni dibattiti, ho sentito la necessità di dedicarmi a qualcosa di più costruttivo.

Vorrei che una volta per tutte fosse sancita la totale ed assoluta inutilità di queste assurde classifiche!

- Innanzitutto una classifica seria dovrebbe includere artisti facenti parte dello stesso genere musicale, mentre spesso avviene il contrario. E' assurdo paragonare chitarristi esponenti di un diverso genere musicale (jazz-pop-rock-metal-heavy metal-blues etc.), perchè a quel punto, venendo a mancare i criteri fondamentali ed oggettivi sui quali dovrebbe basarsi una classifica degna di tale nome, il confronto non è obiettivamente possibile.
E' come se decidessimo di stilare una classifica della miglior permormace su strada mai realizzata, includendo piloti di Formula 1 - Moto Gp - Rally - Gran Turismo etc...Anche un neofita di questi sport si renderebbe conto dell'impossibilità di mettere a confronto categorie così diverse.

- Il secondo punto da considerare è rappresentato dall'eterno contrasto fra i sostenitori dei chitarristi che padroneggiano la tecnica alla perfezione e coloro che amano i chitarristi meno avvezzi al virtuosismo, magari autodidatti, ma dotati di un tocco e di un modo di suonare tutto loro, esponenti di una musica che nasce dall'anima e va diritta al cuore, quand'anche si trattasse di un assolo fatto di poche note.
Personalmente io la definisco, forse impropriamente, la diatriba fra tecnica e creatività, perchè, nell'ambito della mia piccola esperienza, ho incontrato un discreto numero di chitarristi diplomati al conservatorio e dotati di una grande tecnica, ma molto limitati in quanto a creatività ed improvvisazione. Molti considerano ciò che ho appena affermato un luogo comune, ma io non la penso così: sicuramente tecnica e creatività possono coesistere fra loro, ma a mio avviso un chitarrista troppo tecnico, inevitabilmente condizionato dall'impostazione metodologica acquisita durante i suoi studi, è sicuramente meno avvezzo all'improvvisazione che nasce dall'anima, dal genio dell'artista e va diritta al cuore.
Non vorrei essere frainteso e neanche ritrattare ciò che detto: certamente apprezzo la capacità di paroneggiare lo strumento, da un punto di vista prettamente tecnico, di Steve Vai o di Joe Satriani, perchè è un fatto oggettivo ed innegabile, ma d'altronde sono chitarristi che a me trasmettono poco.
Mentre non posso negare quanto mi comunichino Mark Knopfler, Eric Clapton, David Gilmour o Jimmy Page, per citarne alcuni.

Infine si arriva al terzo punto, che a mio avvsio è il più importante: quanto può essere oggettiva ed obiettiva una classifica stilata da giornalisti, sicuramente competenti ed in possesso di una grande esperienza, quando la bellezza è  decisamente soggettiva e non oggettiva?
"De gustibus non disputandum est": scegliere addirittura il miglior assolo di tutti i tempi penso sia una mera utopia, ed anche un bell'esempio di superficialità e supponenza!
Siamo esseri umani, e siccome fortunatamente non siamo tutti uguali, ognuno di noi in base ai suoi gusti, ai suoi parametri ed ai suoi criteri del tutto soggettivi, ha la capacità di elaborare una propria critica personale, basata comunque su dei fondamenti assolutamenti leciti, rispettabili ed ovviamente opinabili.
Non abbiamo più bisogno di queste classifiche prive di senso. L'unico motivo per il quale continuano a propinarcele può essere finalizzato ad indirizzare il pubblico verso un determinato orientamento musicale, favorendo inevitabilemente il processo di massificazione, aumentare il proprio share etc...
Comunque il risultato è quasi sempre caratterizzato da una miriade di polemiche sterili e fini a se stesse.
Si potrebbero invece stimolare discussioni costruttive in modo molto più intelligente, senza classifcare necessariamente un artista, etichettandolo in una casella contrassegnata da un numero, in base a parametri arbitrari e sconosciuti: magari ci dicessero quali sono questi parametri, così forse potremmo stilare noi una classifica del quoziente intellettivo di questi giornalisti!

lunedì 15 marzo 2010

Alex Britti: 'Intro' - Unplugged

Ciao a tutti, questo sarà un post molto breve...

Volevo solo ricordare che per sfondare nel mondo della musica ed essere riconosciuti come veri artisti la strada è piena di insidie: spesso bisogna sottostare al giogo delle case discografiche le quali, dovendo attenersi a loro volta alle leggi del mercato, sfornano in continuazione musica che dal mio punto di vista lascia alquanto a desiderare. Il tutto per soddisfare le richieste di un pubblico molto vasto e sempre più accanito, ed aggiungo con un pò di presunzione, sempre meno esigente di quanto si pensi (chi ha orecchio intenda!). 
Comunque tornando a noi, c'è anche chi per fortuna, dopo essersi "violentato" per arrivare al successo, ha il coraggio di soffermarsi  un attimo su ciò che realmente vuole fare, e che pur continuando a fare musica per permettersi una vita dignitosa, non essendo così avido, ha il coraggio di svincolarsi parzialmente da questo circolo vizioso della musica comerciale concedendosi qualche momento di svago...

Alex sei un chitarrista veramente in gamba!
Ora che la gente sa quanto vali continua così: continua a fare dischi senza essere troppo legato ai vincoli delle case discografiche e prenditi un pò di tempo per ciò che sai fare...

Sentite qui....




Ciao ed alla prossima...

mercoledì 10 marzo 2010

Edoardo Bennato: "Il Gatto e la Volpe"

Chitarrista, armonicista e cantante, dopo un'esperienza londinese Edoardo Bennato comincia a proporsi come “one man band” suonando contemporaneamente oltre alla chitarra ed all'armonica anche tamburelli, kazoo ed altre percussioni.

La sua musica, pur incarnando inevitabilmente influenze mediterranee e partenopee, è caratterizzata notevolmente dai grandi esponenti della musica Rock-pop dell’epoca, fra i quali vanno citati Jimmy "Hammond" Smith, Paul Anka e Neil Sedaka, anche se Bob Dylan è l’ispiratore per eccellenza di Edoardo Bennato non soltanto da un punto di vista musicale ma anche da un punto di vista scenico.


I testi di Bennato, soprattutto quelli degli anni '70, sono spesso ironici e dissacranti, rivolti in modo graffiante contro il potere, a qualsiasi livello ed in qualsiasi forma esso si manifesti.

“La torre di Babele” esce nel 1976 e prosegue sulla strada dell'impegno sociale dei testi, ma con venature musicali più vicine al rock e al blues, sempre in chiave acustica, grazie anche alla presenza del chitarrista “Roberto Ciotti”. Il disco contiene tutti i temi cari a Bennato che si schiera contro la guerra, l'arrivismo, l'arroganza e il divismo della sua categoria. Dopo trent'anni, il disco stupisce ancora per l'attualità dei testi e la forza delle parole in essi contenute, unitamente ad uno stile musicale incisivo, a volte martellante e sempre raffinatamente acustico, molto prima che la moda dell'unplugged lo imponesse (e prima che le tecnologie di amplificazione e registrazione degli strumenti acustici ne permettessero un uso intenso).

Nel 1977 esce “Burattino senza fili”, una metafora del potere, che impone la propria cultura e la propria nozione di normalità, respingendo e opprimendo chi si allontani dalle regole prefissate e osi cercare una propria, personale visione del mondo. Si tratta di un disco ripropone le vicissitudini di Pinocchio in chiave metaforica e mostra un doppio piano di lettura: la storia di “Carlo Collodi” tale e quale e la riproposizione dei modelli dei suoi personaggi in chiave moderna.

I brani di “Burattino senza fili” sono quasi tutti centrati sulla reinterpretazione di singoli personaggi della storia in funzione del tema generale del dualismo normale/anormale. Il tema fondamentale dell'evoluzione di Pinocchio da burattino a bambino, diventa, in questa chiave di lettura, la storia di una rinuncia alla propria natura e di abbandono alla passiva osservanza dei valori precodificati della cultura dominante.

Vorrei soffermarmi su “Il gatto e la volpe”, uno dei maggiori successi di Bennato, che si può considerare la canzone trainante dell'intero album, grazie al motivo accattivante e ben riuscito. Nel testo sono prese di mira, in modo piuttosto chiaro, quelle persone che cercano di sfruttare il prossimo, presentandosi come confidenti e consiglieri, con riferimento anche esplicito allo show business ed in particolar modo alle case discografiche.

In questa canzone, tutt’ora di grande attualità, Bennato si mette nei panni di chi, come lui a suo tempo, cerca di proporre la sua musica al pubblico scontrandosi inevitabilmente con la dura realtà: molti artisti infatti non riescono ad ottenere un contratto discografico rimanendo così nell’anonimato. E gli artisti in possesso di un contratto discografico non necessariamente sono più fortunati e destinati a raggiungere il successo.

Bennato questo lo sa benissimo!

Un contratto, in virtù della sua natura giuridica, vincola per diversi anni il musicista all’etichetta discografica: pena l’essere multati con cifre esorbitanti ed insostenibili per un artista di piccolo calibro. E se, per qualsiasi motivo, l’etichetta discografica decidesse di non puntare più su di lui ma su un altro cavallo della sua scuderia, cosa succederebbe? E se il produttore si rivelasse un cialtrone e non investisse realmente nella promozione come aveva promesso? Semplice, la carriera dell’aspirante cantautore sarebbe bruciata. Sicuramente per 4-5 anni l’artista verrebbe paralizzato da un contratto capestro.

E non crediate che queste eventualità siano esclusive di qualche povero malcapitato: questa è la realtà discografica che purtroppo un aspirante cantautore deve imparare a conoscere e ad accettare. Egli può realizzare un album con la Major più importante al mondo, ma se quest’ultima non investe nella promozione, può mettere il suo bell’album marchiato Sony nel cassetto. La politica del fare di tutto, anche lo spendere cifre spaventose per realizzare un cd con una grande etichetta, non è sempre così vincente come si crede. Valanghe di sconosciuti l’hanno fatto, li abbiamo incontrati di sfuggita nei supermercati, dal fruttivendolo, in posta…

Eppure sono rimasti sconosciuti! Non sempre perché non erano bravi, ma forse per alcune scelte sbagliate della casa discografica stessa, che magari ha optato per un prezzo di mercato troppo elevato per un cd di un artista emergente, il quale invece, almeno inizialmente, avrebbe il diritto di farsi conoscere ed apprezzare mediante un collocamento dei sui cd sul mercato a prezzi più contenuti rispetto ad un artista già affermato.

Questo è il senso che io attribuisco a “Il gatto e la volpe”, che a mio avviso è proprio una critica allo sfruttamento ed ai vincoli cui gli artisti, speranzosi ed un po’ ingenui perché privi di esperienza, sono sottoposti in particolar modo dalle case discografiche.

Il testo
Il gatto e la volpe
Edoardo Bennato

Quanta fretta, ma dove corri, dove vai ?
Se ci ascolti per un momento, capirai,
lui è il gatto, ed io la volpe,
stiamo in società, di noi ti puoi fidar.
Puoi parlarci dei tuoi problemi, dei tuoi guai
i migliori in questo campo siamo noi
è una ditta specializzata
fai un contratto e vedrai
che non ti pentirai...
Noi scopriamo talenti e non sbagliamo mai
noi sapremo sfruttare le tue qualità
dacci solo quattro monete
e ti iscriviamo al concorso
per la celebrità...!
Non vedi che è un vero affare
non perdere l'occasione
sennò poi te ne pentirai.
Non capita tutti i giorni
di avere due consulenti
due impresari, che si fanno
in quattro per te...!
Avanti non perder tempo firma qua
è un contratto, è legale, è una formalità
tu ci cedi tutti i diritti
e noi faremo di te
un divo da hit parade !
Quanta fretta, ma dove corri, dove vai ?
Che fortuna che hai avuto ad incontrare noi
lui è il gatto ed io la volpe
stiamo in società, di noi ti puoi fidare...
di noi ti puoi fidar...
di noi ti puoi fidar...


Questa invece è una chicca in cui l’intro è un chiaro panorama delle tematiche di Bennato di cui abbiamo già parlato: lo schieramento contro la guerra, l'arrivismo, l'arroganza, il divismo della sua categoria, il potere, che impone la propria cultura e la propria nozione di normalità, respingendo e opprimendo chi si allontani dalle regole prefissate e osi cercare una propria, personale visione del mondo ed ancora il tema del dualismo normale/anormale.


Ciao ed alla prossima

domenica 28 febbraio 2010

Franco Battiato: Centro di gravità permanente

Francesco Battiato, noto come Franco Battiato, penso possa essere universalmente considerato uno dei maggiori artisti-intellettuali contemporanei a trecentosessanta gradi, proprio per il fatto di essersi espresso in numerosi ambiti culturali, fra i quali quello musicale come cantautore, quello cinematografico come regista, quello artistico come pittore e via dicendo...

Personalità fra le più eclettiche, originali ed influenti del panorama artistico-musicale italiano, ha attraversato molteplici commistioni e stili musicali: dagli inizi romantici, alla musica sperimentale, passando per l'avanguardia colta, l'opera lirica, la musica etnica, il rock progressivo e la musica leggera.
Ha attuato frequenti contaminazioni tra questi generi musicali ed altri ancora, riuscendo sempre a riscuotere un grande successo fra pubblico e critica, avvalendosi sovente di collaboratori d'eccezione come il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro.
Non solo la musica, ma anche i suoi testi riflettono i suoi molteplici interessi, tra i quali l'esoterismo, la filosofia e la meditazione orientale.

Con l’album “La voce del padrone”, pubblicato nel 1981, Franco Battiato si affranca definitivamente dall'influenza del rock progressivo che aveva caratterizzato i suoi anni settanta, dalla quale aveva iniziato ad allontanarsi con “L'era del cinghiale bianco”, e accantona in parte i percorsi esoterici sui quali tornerà in seguito.
Album altrettanto sperimentale, ma facilmente fruibile per il medio pubblico, ha il merito di aprire nuovi scenari musicali per l'artista, ottenendo un sorprendente successo commerciale: “La voce del padrone” è infatti il primo long playing italiano a superare il traguardo del milione di copie vendute, rimanendo al primo posto in classifica per diciotto settimane non consecutive fra il maggio e l'ottobre del 1982.

Vorrei soffermarmi su “Centro di gravità permanente”, che per me rappresenta un altro capolavoro del “Maestro”.
Spesso i testi di Battiato vengono criticati perché privi di senso, ma guardando oltre ci si rende contro che dietro l'apparente "no sense", si nasconde invece un significato molto profondo, si avverte una profonda e costante ricerca di spiritualità: il tutto celato dalla sua caratteristica predominante, ossìa l’ermetismo.

Anche in questo caso, l'essenza del significato di questo brano sta proprio nel ritornello “Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente”, che potremmo tradurre, in modo un pò spartano, con la frase "Voglio stabilità, voglio vedere la vita in una sola maniera senza passare di palo in frasca, da una moda all'altra."
Battiato esprime il desiderio utopico di avere delle certezze, idee solide, stabili, in base alle quali esprimere dei giudizi coerenti e costanti nel tempo riguardo alle cose che accadono nel mondo ed alle persone con cui ha a che fare. Il baricentro sta ad indicare un punto di equilibrio interiore che gli potrebbe permettere di non cambiare idea in continuazione.

Il suo messaggio è la ricerca dell’unicità universale, o almeno la sua unicità in un centro di gravità permanente, in mezzo a questa giungla di differenze religiose, culturali, folkloristiche, come se questi costumi, usanze, credenze fossero usate per scopi lontani dalla loro vera natura e quindi insignificanti.

E' una canzone di grande attualità, perché rispecchia la difficoltà dell'uomo moderno di credere in qualsiasi ideologia e perchè trasuda di verità.

Dopo un'osservazione attenta si può notare che questa non è solo una canzone, ma un agglomerato delle varie discipline percorse da Battiato:
- è una canzone ermetica ma significativa, il cui messaggio, racchiuso in una frase, è di natura prettamente spirituale e filosofica: (“Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente”).
- è un quadro in cui l'autore dipinge strofe molto significative che lasciano spazio alla fantasia visiva dell'ascoltatore: "la vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù,  i furbi contrabbandieri macedoni, i Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi"
- è un saggio di critica: (" Non sopporto i cori russi la musica finto rock la new wave italiana il free jazz punk inglese. Neanche la nera africana.")
- è un cortometraggio: osservando il video io ci vedo un Battiato regista che esprime il desiderio utopico di avere delle certezze costanti nel tempo: lo testimoniano le immagini di aclune persone immobili ed i suoi balletti, che molti ritengono essere privi di senso, ma che a mio avviso rappresentano invece  una sequenza di gesti e movimenti non casuali, con una valenza ben precisa come una sorta di kata di un karate spirituale e simbolico.

Vi lascio al video e ad una perfomance live molto interessante.

Ciao ed alla prossima!

Video



Versione live



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venerdì 19 febbraio 2010

Pink Floyd: Comfortably Numb

I "Pink Floyd" sono stati una rock band britannica formatasi nella seconda metà degli anni sessanta che, nel corso di una lunga e travagliata carriera, è riuscita a riscrivere le tendenze musicali della propria epoca.
La formazione storica, ossìa quella con cui la maggior parte dei fans identifica i "Pink Floyd" è rappresentata dal bassista "Roger Waters", dal batterista "Nick Mason", dal tastierista "Richard Wright" e dal cantante-chitarrista "David Gilmour", che nel 1968 sostituisce "Syd Barrett", costretto ad abbandonare la band a causa di problemi psichiatrici, soprattutto derivati ed aggravatisi irreparabilmente dall'uso di droghe pesanti.
Sorprendente è il fatto che lo stile floydiano non abbia risentito in modo significativo dei diversi cambi di formazione e di leadership (Barrett, Waters e Gilmour), mantenendo inalterato e ben riconoscibile il sound che ha sempre contraddistinto la band per quasi trent'anni di carriera.

E' risaputo che i "Pink Floyd" siano sempre stati caratterizzati dal grande contrasto fra "Roger Waters" e "David Gilmour", e questo è comprensibile, poichè spesso l'aumentare della popolarità di un gruppo coincide con l'accentuarsi delle divergenze fra i vari componenti dello stesso, soprattutto se all'interno della band si trovano a convivere due personalità del calibro di quelle sopra citate.
Quello che invece non è accaduto, se non altro nell'immediato, è stata la dipartita prematura di uno dei due elementi, il che a mio avviso ha potuto solo giovare alla crescita dei "Pink Floyd".
Infatti personalmente ritengo che anche due personalità carismatiche e contrapposte come quelle di "Waters" e "Gilmour", se disposte ad una convivenza magari forzata e un pò burrascosa, possano comunque completarsi per la realizzazione di ottimi lavori.
"Waters" a mio avviso è un genio soprattutto dal punto di vista dei contenuti: egli affronta brillantemente tematiche ricorrenti ma di grande spessore e di grande attualità, come la morte del padre nella seconda guerra mondiale, la crudeltà dell'industria discografica, l'individualismo e l'alienazione nella società moderna, le critiche al capitalismo ed, anche se in minor parte, alla religione.
A "Waters" si deve l'intera idea dell'album "Animals", realizzato nel 1977 e di "The Wall", relizzato nel 1979. Soprattutto quest'ultimo lavoro lo si può definire come un'opera rock, concepita fin dalla genesi come album, film e spettacolo dal vivo, dove si affrontano i temi della solitudine e dell'assenza di comunicazione dovute alla presenza di un muro posto tra le persone: tale barriera è costruita dalla società moderna.
Però non dimentichiamoci che accanto a "Waters" c'è sempre stato un altro genio di nome "Gilmour", impeccabile negli arrangiamenti e nella ricerca continua di suoni anche sperimentali e curati in modo maniacale.
Dal punto di vista musicale i brani generalmente portano la sua firma: arrangiamenti roboanti e complesse divagazioni strumentali, sintetizzatori d'atmosfera che emergono da un tappeto di suoni e voci, lunghi feedback di chitarra che si sposano con le tastiere...
Lo stile chitarristico di "Gilmour" è qualcosa di sublime così come i suoi soli interminabili ed inconfodibili, ed è innegabile che dopo la dipartita di "Waters", avvenuta nel 1985, il leader indiscusso dei "Pink Floyd" sia divenuto lui.

La canzone che preferisco è indubbiamente "Comfortably Numb", perchè, proprio in virtù di ciò che dicevo prima, è il frutto della collaborazione di due geni quali "Waters" e "Gilmour".
"Comfortably Numb" è un'alchimia tra poetica del testo e grande impalcatura musicale, ossìa l'accezione che io attribuisco da sempre al termine "canzone"!
Dico questo perchè so benissimo che da anni si trascina una disputa fra due fazioni: quella che sostiene "Waters" e quella che sostiene "Gilmour".
Io non mi sono mai schierato, perchè ritengo che "Waters" sia stato un grandissimo vulcano di idee e contenuti di grande spessore e che abbia avuto la straordinaria capacità di trasportali in testi disarmanti per la loro bellezza e profondità, ma un testo senza una melodia di fatto è una poesia, così come una melodia senza testo è un pezzo strumentale.
I due elementi presi singolarmente sarebbero un pò riduttivi, mentre il matrimonio fra testo e musica è il valore aggiunto che da origine alla "canzone": la famosa alchimia, la miscela perfetta per un capolavoro.    
In "Comfortably Numb" si realizza un matrimonio praticamente perfetto tra poetica del testo e grande, grandissima, a tratti insostenibile penetrazione musicale.

Il testo di "Comfortably Numb" riprende il tema che caratterizza in modo predominante tutto l'album "The Wall", ossìa la metafora del Muro che l'individuo erige davanti a sè per difendersi dalle brutture riservategli dalla società in cui vive, ma anche dalle cose belle che essa può offrirgli.
Il Muro è una sorta di campana di vetro dentro la quale spesso il protagonista si rifugia come prigioniero consapevole, un'atmosfera ovattata in cui la sua anima trova rassicurazione, serenità ed allo stesso tanta freddezza e sofferenza derivata dalla sua solitudine: in sostanza è un'arma a doppio taglio che non offre via di scampo.
Di fatto questa canzone letteralmente consiste in un confronto fra il cantante e il dottore che è venuto a prenderlo nella sua stanza d’albergo per portarlo ad un concerto.
Il momento è altamente drammatico perchè il cantante sta male prima di un concerto: confuso, probabilmente assopito ed incosciente, travolto dalle droghe e dalla sua storia, si ripiega su sé stesso cercando di fuggire dalla realtà, ma pur essendo perso nella sua disperazione vissuta da questa parte del Muro, egli deve comunque essere rimesso subito in piedi, perchè ha un esibizione da fare ed il dovere di una rockstar è quello far si che lo spettacolo continui.
Il medico rappresenta proprio il business e la società che gli vengono in soccorso, cercando di rimetterlo letteralmente in piedi perchè la musica, la fama, il business hanno la precedenza su tutto e la macchina non  può fermarsi.

La vera drammaticità di questa canzone consiste proprio nel fatto che l'individuo ormai non esiste più, perchè ora esiste solo la rockstar, ingranaggio di una macchina il cui unico scopo è quello di funzionare a qualsiasi costo.

In realtà non esiste nessun dottore e nessun cantante. Qui il cantante fà solo da sppettatore fra i due se stessi che si parlano attraverso il Muro senza capirsi: da una parte la figura del medico-uomo cerca di capire ciò che il cantante-bambino non può spiegare.
L'individuo torna a rivivere per qualche istante, giusto il tempo in cui il cantante-bambino regredisce all'infanzia per ritrovare una sensazione ormai lontana: "quella febbre nelle mani" che non provava da anni e che non tornerà mai più, perchè tutto è finito, perchè il Muro ormai è troppo alto e perchè l'individuo non esiste più, soffocato dalla macchina del business-società di cui lui è solo uno strumento.

giovedì 4 febbraio 2010

Canzoni: versioni studio o versioni live?

Canzoni: meglio le versioni studio o quelle live?

Spesso mi sono fatto questa domanda senza riuscire a darmi una risposta ed oggi vorrei affrontare questo argomento con voi.

La versione studio ha una notevole importanza perchè ha come prerogativa quella di tendere alla perfezione: il lavoro fatto in studio di registrazione gioca un ruolo fondamentale affinchè l'album venga realizzato e persentato al meglio sul mercato dicografico, come la vetrina di un negozio viene ben allestita al fine di attirare un maggior numero di clienti.
Comunque, tornando a noi, la versione studio è senz'altro la base che a mio avviso determina l'approccio ad una canzone: l'impatto non è necessariamente decisivo,  poichè riascoltandolo più volte molto spesso ci capita di innamorarci di un pezzo fino a farlo nosrto, fino a riconoscerlo in ogni piccolo dettaglio testuale e strumentale. E l'immagine di quella canzone verrà identificata nella versione studio.

Però la versione live è un'altra cosa, per diverse motivazioni oggettive e soggettive.
Innanzitutto in un concerto dal vivo si nota il vero valore di un gruppo musicale, perchè lo studio di registrazione è in grado di fare miracoli in quanto alla sonorità degli strumenti ed alla voce del cantante.
Invece in una versione live non si può barare: si evince la capacità vocale e scenica del cantante: egli deve dimostrare di avere una buona voce, una buona resistenza (poichè un concerto dura di norma due ore), di saper andare a tempo e di essere in grado di reggere il palco anche in base alla reazione del pubblico.
La stessa cosa vale anche per gli atri componenti del gruppo, che andando a tempo devono cercare di seguire con precisione la linea guida del pezzo e saper improvvisare senza sbagliare.
Il risultato deve essere una buona performance corale dove ogni componente del gruppo deve sposarsi l'uno con l'altro, come se fosse un tutt'uno, mentre spesso capita che la band risulti essere un puzzle neanche tanto ben riuscito.Poi c'è la parte soggettiva: la versone live trasmette carica ed energia, e tu, che sei legato alla versione studio di cui ormai conosci ogni dettaglio, ti trovi spiazzato di fronte ad un chitarrista o ad un tastierista i quali, rincorrendosi in soli improvvisati, ti danno l'opportunità di scoprire qualcosa di nuovo che la versione studio non poteva più darti.
A volte la canzone viene addirittura riarrangiata come nel caso di "Once upon a time in the west, facente parte del  famosissimo Alchemy live dei Dire Straits: confrontatela con l'originale versione studio!

"Once upon a time in the west" (alcheny live)



Prima parte




Seconda parte





Concludo dicendo che a volte, in una versione live, hai la possibilità di innamorarti anche di una stecca del chitarrista, perchè questa stecca ti fa capire che la musica su un palco viene fatta con cuore ed anima, con il rischio anche di sbagliare qualcosa, il che forse ci rende ancora più vicini all'artista: infondo è umano anche lui.
Guardate ora questa versione live di "Sultans of Swing" dove Mark Knopfler all'inizio ha qualche problema, poi li stende tutti.

"Sultans of Swing" (rock palast live)




Ciao a tutti ed alla prossima....


venerdì 29 gennaio 2010

Gigi D'Alessio: non solo l'artista ma chiunque può raggiungere il successo (prima parte)

Ultimo di tre figli, Gigi D'Alessio comincia a suonare la fisarmoica regalatagli dal padre all'età di quattro anni, per poi iscriversi a dodici anni al "Conservatorio di S.Pietro a Majella" di Napoli. D'Alessio sostiene di aver conseguito a ventun anni il diploma di pianoforte, ma tale dichiarazione non ha mai trovato riscontro, anche se ammetto che sia in grado di destreggiarsi egregiamente nell'utilizzo di questo strumento.

La stessa cosa non si può dire per il canto, il che non è un reato (anche Mark Knopfler ha dichiarato con grande umiltà di aver scelto la chitarra al canto), ma il fatto è che personalmente non mi sento di affermare che sia un grande cantante o peggio ancora un grande artista!

Comunque, tornando a noi, gli inizi consistono in numerose partecipazioni a feste patronali, comunioni e battesimi privati, che vedono l'artista nei panni di suonatore di piano-bar.
Scrive testi per alcuni cantanti napoletani e diventa il pianista di Mario Merola (quando si dice la fortuna...).

Infatti con quest'ultimo scrive ed interpreta il brano "Cient'anne", esordendo di fatto come cantante, e sulla scia di "Cient'anne" esce nel 1992 il suo primo album "Laciatemi cantare".
I buoni risultati di vendita permettono al cantautore napoletano di far pubblicare un secondo album intitolato "Scivolando verso l'alto", ottenendo un eguale successo: vende 30.000 copie al netto dei falsi.
Raggiunge il successo nel Febbraio del 2000, partecipando al "Festival di San Remo direttamente nella categoria Campioni con "Non dirgli mai", brano che riscuote un buon successo con il più alto airplay radiofonico, mentre il relativo album, dal titolo "Quando la mia vita cambierà", è già disco d'oro dopo quindici giorni dall'uscita ed arriverà a superare le 400.000 copie vendute.

Ora vorrei arrivare al tema centrale di questo articolo: prometto che cercherò di controllarmi il più possibile, mantenendo un certo contegno che almeno fino ad ora penso mi abbia contraddistinto nella stesura dei miei posts.

Premetto che non ho pregiudizi nei confronti della musica napoletana, poichè come ho già scritto in un post precedente, per tre anni ho militato con un gruppo dove fra le altre cose ho suonato canzoni di Gigi D'alessio, Pino Daniele, Nino D'Angelo etc...
La musica napoletana ha la capacità di arricchirti notevolmente soprattutto da un punto di vista musicale e questo a mio avviso è un dato di fatto: mi sono trovato a fare improvvisazioni su canzoni lente caratterizzate da una melodia disarmante e su pezzi classici molto veloci, costruiti su un continuo cambio di accordi e di ritmo.

Detto questo, potete spiegarmi cosa abbia fatto di così speciale Gigi D'Alessio?
Vi prego, se qualcuno è in grado di farlo sono pronto ad ascoltare!

Il mio punto di vista, del tutto opinabile, è che Gigi D'Alessio non sia un artista, almeno per l'accezione che io attribuisco a questa parola.
L' artista a mio avviso deve essere un animale da palco, deve avere grande passione e qualcosa di interessante da comunicare al pubblico nel momento in cui decide di incidere un disco, invece spesso accade che i dischi vengano sfornati soltanto per onorare i famosi contratti discografici.
Non mi stancherò mai di dire che negli anni '70-'80, sia in Italia sia all'estero, siano nati grandi gruppi che avevano una loro identità, derivata sicuramente da ideali a volte del tutto discutibili per i contenuti, ma non per quanto riguardava la loro autenticità.
L'autenticità dei loro ideali, la loro creatività, la loro voglia di cambiare il mondo li portava ad esprimersi attraverso la musica perchè avevano davvero qualcosa da dire.
Questi gruppi nascevano negli scantinati, nei garages, conducendo una vita di espedienti all'interno dei pubs e delle piazze di paese, dove riproponevano covers ma anche pezzi propri, solo perchè avevano qualcosa da dire...
Il successo di queste bands, divenute successivamente immortali, arrivava dopo anni ed anni di gavetta, e le loro canzoni rimangono ancora oggi nell'anima della gente e ci rimarranno per sempre, a differenza dei tormentoni estivi destinati a durare qualche mese.
E' innegabile che tutti i grandi gruppi o quasi abbiano poi conosciuto la cosidetta fase di decadenza, che coincide nella caduta all'interno del circolo vizioso della musica "commerciale".
Inoltre, tornando al mio concetto di artista, sarebbe gradita una diversificazione dei temi trattati anche per una crescita personale ed evoluzione della'artista stesso.
La struttura musicale dovrebbe essere curata in ogni minimo dettaglio e sposarsi perfettamente con il testo: insomma musica e testo dovrebbero fondersi in una sorta di alchimia.

Gigi D'alessio scrive canzoni che sembrano l'una il clone dell'atra: stessi temi quasi sempre incentrati sull'amore fra uomo-donna, stesse melodie lente, con frasi che ricordano i romanzi ottocenteschi riadattati alla nostra epoca, soliti doppi cambi di accordo in crescendo sul finale di canzone con conseguenti ascese di tonalità della voce.
Spesso navigando fra i forum, ascoltando interviste di fans o semplicemente parlando con amici che legittimamente amano le canzoni Gigi D'Alessio, mi rendo conto che il motivo per cui egli piace così tanto sia perfettamente riassunto da questa frase: "Gigi D'Alessio è grande perchè parla d'amore e trasmette emozioni che ti fanno battere il cuore".
E' questo che mi lascia basito, perchè sembra quasi che l'emozione coincida necessariamente col tema dell'amore fra uomo-donna, quando qualsiasi persona penso dovrebbere essere a conoscenza del significato di questa parola, a meno che qualcuno non si limiti a dare a questo termine a tale accezione.

Cominciamo col dire che esistono due emozioni di base di cui siamo capaci nella vita: l’amore e qualunque cosa sia concepito come il suo contrario.

Tutti abbiamo fatto esperienze di amore nella nostra vita, e poiché tutti siamo unici, anche tali esperienze lo sono state.

Pertanto, quando si parla del contrario dell’amore, esso può avere significati diversi a seconda delle persone: per alcuni è l’esperienza della paura, per altri può trattarsi di quella dell’odio o della rabbia, ma a prescindere da come la chiamiamo, quando arriviamo alla nuda essenza degli insegnamenti più profondi, l’amore e il suo opposto sono in realtà due aspetti della stessa cosa, due polarità della stessa forza: l’emozione.

L’emozione è la fonte di energia che ci sospinge in avanti nella vita e da cui scaturiscono i sentimenti di quaslivoglia natura.


continua....

Gigi D'Alessio: non solo l'artista ma chiunque può raggiungere il successo (seconda parte)

In "Message in bottle" dei Police il naufrago, che si trova in una condizione di grande solitudine, lancia una richesta di aiuto per uscire dalla condizione logorante in cui si trova scoprendo che tantissime persone soffrono del suo stesso disagio...
In "Brothers in arms" dei Dire Straits, noi uomini dovremmo vivere in pace nell'unico mondo che ci è stato dato come fratelli, invece è come se vivessimo in tanti mondi diversi e siamo talmente folli da combatterci l'un l'altro...
"Tears in Heaven" di Clapton, esemplifica l'angoscia di un padre che ha perso un figlio e che spera di ritrovarlo in paradiso.

Vogliamo rimanere in Italia, dato che spesso mi si accusa di essere settoriale?

"Alexanderplatz" di Battiato, centro della Berlino Est, è anche il simbolo della follia umana che uccise la libertà, poichè vi fu eretto il Muro che divise la Germania Ovest dalla Germania est.
"Gli anni" di Max Spezzali è un pezzo molto malinconico, che ricorda una generazione di giovani ormai diventati adulti, un'adolescenza ormai finita dove le cose più semplici si rivelavano essere le più importanti e le più significative (ritrovarsi al bar - il telefim "Happy days" - le immense compagnie... ).

"La mia città" di Luca Carboni è un quadro della città in cui egli vive: una città sfarzosa, piena di luci e colori, ma dove si è perso il senso della civiltà, dove la gente vive in una condizione di oppressione che la porta a covare sentimenti di indifferenza e di rabbia ( "La mia città, senza pietà, una città ti dice che non è vero che non c'è più la povertà, perché è tutta coperta dalla pubblicità - e c'è bisogno di più amore dentro a questa prigione...).
Questa non sono forse canzoni che suscitano emozioni, da cui scaturiscono sentimenti e stati d'animo disarmanti?

Ed infine, per dimostrarvi che non sono settoriale, vi lascio alla canzone di un vero artista napoletano, grande cantante e grande chitarrista, nonostante anche lui dal mio punto di vista si sia sottomesso alla musica commerciale.
Si tratta di una canzone assolutamente straordinaria, dalla capacità comunicativa veramente unica: una delle poche che a mio avviso che riesca a sintetizzare i lati positivi ma soprattutto i problemi, i limiti e le assurdità del capoluogo partenopeo, le sue contraddizioni e la difficile situazione che vivono i cittadini napoletani.
Fà venire i brividi e soprattutto invita alla riflessione!


TESTO
NAPULE E'...

Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce de' criature che
saglie chianu chianu
e tu sai ca' nun si sulo
Napule è nu sole amaro
Napule è addore e' mare
Napule è na' carta sporca e nisciuno
se ne importa e
ognuno aspetta a' sciorta
Napule è na' camminata
int' e viche miezo all'ate
Napule è tutto nu suonno e a' sape tutto o' munno ma
nun sanno a' verità.
Napule è mille culure..

TRADUZIONE
Napoli è mille colori
Napoli è mille paure
Napoli è la voce dei bambini che si alza piano piano
e tu sai di non essere solo.
Napoli è un sole amaro
Napoli è odore di mare
Napoli è una carta sporca e nessuno se ne importa
e ognuno aspetta la fortuna.
Napoli è una passeggiata
tra i vicoli in mezzo alla gente
Napoli è tutto un sogno e la conosce tutto il mondo
ma non sanno però la verità.
Napoli è mille colori...





Rispetto l'opinione ed i gusti di tutti, ma purtroppo sono sempre più convinto che Gigi D'Alessio sia molto ripetitivo, e che per questo motivo, pur avendo raggiunto il successo, possa essere definita una star, un personaggio famoso, ma non un artista per l'accezione che io attribuisco a questo termine.

Dal mio punto di vista Gigi D'Alessio è un semplicemente un bravo imprenditore con la sua piccola industria, dove si realizza una serie di prodotti standard da propinare alla massa, rispettando ovviamente le tempestiche impostegli dalla sua casa discografica.
E' inoltre un ottimo manager che ha forti attitudini nel campo del marketing e delle "public relations", altrimenti non si spiegherebbe perchè sia presente praticammente ovunque.
Lo troviamo come ospite nelle principali trasmissioni televisive di tutte le reti, nelle principali trasmissioni radiofoniche, sulle principali testate giornalistiche che si occupano di cronache rosa ma anche di argomenti più impegnativi.
Caspita ce lo siamo ritrovati anche a "Live Aid"!?!?
Ma ve lo ricordate il "Live Aid" del 1985?

Spero di aver mantenuto il contegno che di solito mi contraddistingue, e di non aver offeso nessuno, anche perchè chiunque ha diritto ad avere una propria idea e di poterla esprimere in modo educato.

Accetto risposte positive o negative purchè civili.
Vi aspetto!

Ciao ed alla prossima.

lunedì 25 gennaio 2010

The Police: Message in a bottle (seconda parte)

Vorrei soffermarmi un attimo su "Message in a bottle", una canzone formidabile perchè fresca, spumeggiante, trascinante, orecchiabile ma caratterizzata da un testo e da un sound per nulla banale, al contrario di quello che si potrebbe pensare.
Qui si vedono le capacità compositive del gruppo, che rappresenta una vera e propria boccata di aria fresca in un periodo non proprio felice per la musica.
La canzone presenta un sound Reggae-pop-rock molto veloce e pieno di energia: l'inizio del brano è scandito dal famosissimo arpeggio, che difatto diventa un riff, del chitarrista Andy Summers, famoso per il suo ricamo sonoro, fatto di fraseggi e accordi di ampio respiro.
Il bassista Gordon Sumner, in arte Sting è un sostenitore implacabile con la sua voce bella e ricca di sfumature, con i suoi acuti energici ed allo stesso tempo di una limpidezza disarmante: anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una prestazione vocale al limite delle capacità della voce maschile.
Infine non tralasciamo il batterista Stewart Copeland, che con le sue alterne e geniali rullate trascina letteralmente il brano...

Il testo è abbastanza semplice ma di grande attualità e dal mio punto di vista molto profondo: da esso si possono trarre vari spunti di riflessione.
Innanzitutto trovo geniale ed innovativa la metafora del naufrago.
Egli getta in mare una bottiglia all'interno della quale si trova un messaggio che in realtà è la richiesta di aiuto di un uomo solo, il quale spera di trovare qualcuno che ascolti la sua voce e che lo salvi prima di cadere nella disperazione.
L'uomo non è fatto per stare da solo, ma al contrario ha bisogno di vita sociale e spesso necessita della'aiuto degli altri: la solitudine a mio avviso è solo un termine che simboleggia la condizione di disagio e di emarginazione nella quale ogni uomo può incorrere per varie motivazioni.
Questo termine può avere un significato strettamente letterale ed anche altre accezioni più complesse che comunque portano allo stesso epilogo, ossìa ad una condizione di solitudine, di emarginazione e di disagio tipici della natura umana.
Pensiamo per esempio al fatto di non riconoscersi nella società in cui viviamo, di non riconoscersi nel proprio corpo, nella vita che stiamo conducendo, negli standard e negli stereotipi cui spesso siamo costretti a sottostare per omologazione e via dicendo...
Si l'amore può sanare l'anima ma può anche distruggerla, così come è altrettanto vero che la speranza sia l'unica cosa che in certi momenti di sconforto è in grado di tenere a galla una persona.
Dal mio punto di vista nella speranza ci vedo anche la fede per un credente od un ideale capace di dare la forza necessaria per andare avanti in attesa di tempi migliori.
Che dire poi della parte finale: un capolavoro!
Il naufrago una mattina si rende conto che un universo di persone si sentono come lui per svariati motivi, e questo da una parte gli dà sollievo, ma non solo per una questione di "mal comune mezzo gaudio".
Il fatto che molta gente sia venuta allo scoperto riporta alla ribalta l'importanza della speranza: forse il confronto con gli altri, la comunicazione, il reciproco ascolto, il portare la propria esperienza, sono elementi che possono dare origine ad un confronto, ad uno scambio di idee, ad una vera e propria condivisione nella quale l'individuo, mettendosi in gioco, può dare e ricevere aiuto riscattandosi da questo stato di solitudine interiore.

Personalmente questa canzone mi fà sempre riflettere e quando l'ascolto riesco a trarre nuovi spunti, se volete a volte forzati, ma di fatto nel testo è innegabile che ci siano quattro parole chiave:

- il naufrago che si trova in un a condizione di grande solitudine (forse i giovani di allora non si riconoscevano nei canoni inmposti loro dalla società dell'epoca...)
- il messaggio nella bottiglia: una richiesta di aiuto che il naufrago spera venga accolta da qualcuno il quale si accorga di lui e del suo stato d'animo.
- la speranza, che ora si fà ancora più forte, perchè il naufrago comprende che ci sono moltissime persone in cerca di una casa.
- la casa, che rappresenta l'uscita da questa condizione logorante, ossìa lo star bene con se stessi, il sentirsi accetatto o semplicemente il conforto di essere ascoltati, se non addirittura capiti.



Ciao a tutti ed alla prossima...


Testo

Message in a bottle


Just a castaway
An island lost at sea
Another lonely day
With no one here but me
More loneliness
Than any man could bear
Rescue me before I fall into despair

I'll send an SOS to the world
I'll send an SOS to the world
I hope that someone gets my
Message in a bottle

A year has passed since I wrote my note
But I should have known this right from the start
Only hope can keep me together
Love can mend your life
But love can break your heart

I'll send an SOS to the world
I'll send an SOS to the world
I hope that someone gets my
Message in a bottle

Walked out this morning
Don't believe what I saw
A hundred billion bottles
Washed up on the shore
Seems I'm not alone at being alone
A hundred billion casatways
Looking for a home

I'll send an SOS to the world
I'll send an SOS to the world
I hope that someone gets my
Message in a bottle

Sending out an SOS (ad libitum)

Traduzione

Messaggio In Una Bottiglia

Nient’altro che un naufrago
un’isola persa nel mare
Un altro giorno di solitudine
nessuno qui, solo io
Più solitudine del tollerabile
Soccorretemi prima che sprofondi nella disperazione

Invierò un S.O.S.
Spero che qualcuno raccolga il mio
Messaggio nella bottiglia

E’ passato un anno da quando ho scritto la lettera
Avrei dovuto capirlo sin dall’inizio
Solo la speranza può farmi resistere
L’amore può sanarti la vita
Ma anche spezzarti il cuore

Invierò un S.O.S.
Spero che qualcuno raccolga il mio
Messaggio nella bottiglia

Sono uscito stamattina
non credevo ai miei occhi
Cento miliardi di bottiglie
trascinate sulla spiaggia
Sembra che non sia solo nella mia solitudine
Cento miliardi di naufraghi
cercano casa

Invierò un S.O.S.
Spero che qualcuno raccolga il mio
Messaggio nella bottiglia

Sto lanciando un S.O.S. (ad libitum)


The Police: il gruppo (prima parte)

Verso la fine degli anni settanta il progressive rock era ormai diventato obsoleto e la stessa sorte era toccata al punk, un genere tramite il quale la nuova generazione, andando contro le regole, si era proclamata portavoce della contestazione nei confronti della società.
In realtà, a mio parere il punk è un genere interessante più che altro come fatto di costume, ma assolutamente povero di contenuti e di tecnica musicale.
Lo si evince dal fatto che l'unica "innovazione" apportata rispetto agli altri generi è rappresentata da una maggiore carica scenica, supportata dal costante utilizzo di accordi o bicordi caratterizzati da una grande distorsione: null'altro...

E’ il 1977 ed il fenomeno Police esplode in Inghilterra: un fenomeno destinato a consacrasi in modo definitivo negli anni successivi.
Il nuovo decennio vede infatti la popolarità del trio inglese aumentare in maniera vertiginosa. L’orecchiabilità del loro reggae-pop-rock, unito al carisma di Sting sono gli ingredienti fondamentali di una miscela vincente.
Sting sfrutta lo stesso circuito di club utilizzato da Clash, Stranglers e Sex Pistol, così come paradossalmente i Dire Straits avevano debuttato facendo da spalla ad un gruppo punk.
Egli avverte che per emergere differenziandosi dal genere punk ormai saturo, cui per altro non appartiene, è giunto il momento trovare una propria identità, sorretta da ideali autentici e dall' innovazione dei contenuti e delle sonorità.
L'autenticità dei suoi ideali, la creatività e la voglia di cambiare il mondo lo porta ad abbandonare la sua carriera di insegnante per dedicarsi completamente alla sua vera passione, cercando di esprimere attraverso la musica ciò che di nuovo ha da comunicare al pubblico.

Il 1979 è l’anno della definitiva consacrazione. Spinto dai singoli "Message in a Bottle" e "Walking on the Moon", l’album "Reggatta de Blanc" raggiunge in fretta il primo posto in classifica.
La caratteristica principale dell’album è la sincronicità: i brani pur andando a tempo prendono vie di fuga diverse e sempre nuove per poi fare ritorno alla melodia iniziale.
Si è parlato di reggae perché è l'elemento dtereminante di tutto il disco, all'interno del quale riecheggia il sound caraibico, che diverrà il marchio di fabbrica dei Police.

continua...

lunedì 4 gennaio 2010

Franco Battiato: Alexander Platz

Alexander Platz è un pietra miliare che fà parte dell'album "Milva E Dintorni", ossìa un intero lavoro caratterizzato da una serie di canzoni che Franco Battiato e Giusto Pio hanno composto appositamente per la voce di Milva.
Normalmente la "pantera di Goro" è un'artista per la quale il favore del pubblico non trova vie di mezzo: c'è chi la ama e chi la odia, ma non si può negare che Milva sia dotata di una personalità magnetica e forte, che la rende capace di interpretare credibilmente un simile capolavoro.
"Milva E Dintorni" vede la luce nel 1982 ed è un lavoro che dietro un grande sforzo di produzione vede un Franco Battiato ed un Giusto Pio molto ispirati.
Le atmosfere che si respirano sono quelle di un mondo molto rarefatto e sottile, in cui emergono storie ai margini raccontate con grande brio
musicale.

"Alexander Platz" è forse una delle canzoni più famose e note in Europa, dove a mio avviso Battiato mostra ancora una volta la sua geniale padronanza che emerge dall'uso della parola e del suono.
Una musica iniziale gioiosa s'arresta d'improvviso per aprire alla sospensione che conduce all'inizio della parte cantata: questo è un brano molto intenso che ha nella ripresa centrale il momento di assoluta drammaticità interpretativa da parte di Milva,"Alexander Platz auf Wiedersehen / c'era la neve / faccio quattro passi a piedi / fino alla frontiera con te".
Alexanderplatz è un luogo intriso di fascino, poichè chiunque vi ci sia trovato anche solo per un minuto ha avuto la sensazione di essere in un posto per il quale la storia è passata...
Questa piazza racconta uno spaccato di vita della Germania Est.
Nel 1982, quando è stata scritta questa canzone c'era ancora il Muro che divideva la Germania Ovest dalla DDR (Repubblica Democratica Tedesca o Germania Est, la parte comunista per intenderci): Alexanderplatz era il centro della Berlino Est, ma anche il simbolo della follia umana che uccise la libertà.
La canzone, dai toni e dalle melodie profondamente suggestivi, narra la "personale fatica quotidiana" (Gaber in "qualcuno era comunista") nella Berlino est, quando il muro ancora spezzava in due parti la città, la Germania ed i Tedeschi.

Il 4 Novembre 1989 infatti c'è stata la più grossa dimostrazione dall'inizio della divisione della Germania, la quale ha smosso talmente tanto le acque che 5 giorni dopo, il 9 Novembre 1989 il Muro è caduto.


Testo canzone:

Alexander Platz (Franco Battiato)

E di colpo venne il mese di febbraio
faceva freddo in quella casa
mi ripetevi: sai che d'inverno si vive bene come di primavera!
Si si proprio così.
La bidella ritornava dalla scuola un po' più presto per aiutarmi
"ti vedo stanca
hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a Berlino Est?"

Alexander Platz aufwiederseen
c'era la neve
faccio quattro passi a piedi
fino alla frontiera:
"vengo con te".

E la sera rincasavo sempre tardi
solo i miei passi lungo i viali
e mi piaceva
spolverare fare i letti
poi restarmene in disparte come vera principessa
prigioniera del suo film
che aspetta all'angolo come Marlene.
Hai le borse sotto gli occhi
come ti trovi a Berlino Est?

Alexander Platz aufwiederseen
c'era la neve
ci vediamo questa sera fuori dal teatro
"ti piace Schubert?"