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domenica 28 febbraio 2010

Franco Battiato: Centro di gravità permanente

Francesco Battiato, noto come Franco Battiato, penso possa essere universalmente considerato uno dei maggiori artisti-intellettuali contemporanei a trecentosessanta gradi, proprio per il fatto di essersi espresso in numerosi ambiti culturali, fra i quali quello musicale come cantautore, quello cinematografico come regista, quello artistico come pittore e via dicendo...

Personalità fra le più eclettiche, originali ed influenti del panorama artistico-musicale italiano, ha attraversato molteplici commistioni e stili musicali: dagli inizi romantici, alla musica sperimentale, passando per l'avanguardia colta, l'opera lirica, la musica etnica, il rock progressivo e la musica leggera.
Ha attuato frequenti contaminazioni tra questi generi musicali ed altri ancora, riuscendo sempre a riscuotere un grande successo fra pubblico e critica, avvalendosi sovente di collaboratori d'eccezione come il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro.
Non solo la musica, ma anche i suoi testi riflettono i suoi molteplici interessi, tra i quali l'esoterismo, la filosofia e la meditazione orientale.

Con l’album “La voce del padrone”, pubblicato nel 1981, Franco Battiato si affranca definitivamente dall'influenza del rock progressivo che aveva caratterizzato i suoi anni settanta, dalla quale aveva iniziato ad allontanarsi con “L'era del cinghiale bianco”, e accantona in parte i percorsi esoterici sui quali tornerà in seguito.
Album altrettanto sperimentale, ma facilmente fruibile per il medio pubblico, ha il merito di aprire nuovi scenari musicali per l'artista, ottenendo un sorprendente successo commerciale: “La voce del padrone” è infatti il primo long playing italiano a superare il traguardo del milione di copie vendute, rimanendo al primo posto in classifica per diciotto settimane non consecutive fra il maggio e l'ottobre del 1982.

Vorrei soffermarmi su “Centro di gravità permanente”, che per me rappresenta un altro capolavoro del “Maestro”.
Spesso i testi di Battiato vengono criticati perché privi di senso, ma guardando oltre ci si rende contro che dietro l'apparente "no sense", si nasconde invece un significato molto profondo, si avverte una profonda e costante ricerca di spiritualità: il tutto celato dalla sua caratteristica predominante, ossìa l’ermetismo.

Anche in questo caso, l'essenza del significato di questo brano sta proprio nel ritornello “Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente”, che potremmo tradurre, in modo un pò spartano, con la frase "Voglio stabilità, voglio vedere la vita in una sola maniera senza passare di palo in frasca, da una moda all'altra."
Battiato esprime il desiderio utopico di avere delle certezze, idee solide, stabili, in base alle quali esprimere dei giudizi coerenti e costanti nel tempo riguardo alle cose che accadono nel mondo ed alle persone con cui ha a che fare. Il baricentro sta ad indicare un punto di equilibrio interiore che gli potrebbe permettere di non cambiare idea in continuazione.

Il suo messaggio è la ricerca dell’unicità universale, o almeno la sua unicità in un centro di gravità permanente, in mezzo a questa giungla di differenze religiose, culturali, folkloristiche, come se questi costumi, usanze, credenze fossero usate per scopi lontani dalla loro vera natura e quindi insignificanti.

E' una canzone di grande attualità, perché rispecchia la difficoltà dell'uomo moderno di credere in qualsiasi ideologia e perchè trasuda di verità.

Dopo un'osservazione attenta si può notare che questa non è solo una canzone, ma un agglomerato delle varie discipline percorse da Battiato:
- è una canzone ermetica ma significativa, il cui messaggio, racchiuso in una frase, è di natura prettamente spirituale e filosofica: (“Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente”).
- è un quadro in cui l'autore dipinge strofe molto significative che lasciano spazio alla fantasia visiva dell'ascoltatore: "la vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù,  i furbi contrabbandieri macedoni, i Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi"
- è un saggio di critica: (" Non sopporto i cori russi la musica finto rock la new wave italiana il free jazz punk inglese. Neanche la nera africana.")
- è un cortometraggio: osservando il video io ci vedo un Battiato regista che esprime il desiderio utopico di avere delle certezze costanti nel tempo: lo testimoniano le immagini di aclune persone immobili ed i suoi balletti, che molti ritengono essere privi di senso, ma che a mio avviso rappresentano invece  una sequenza di gesti e movimenti non casuali, con una valenza ben precisa come una sorta di kata di un karate spirituale e simbolico.

Vi lascio al video e ad una perfomance live molto interessante.

Ciao ed alla prossima!

Video



Versione live



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venerdì 19 febbraio 2010

Pink Floyd: Comfortably Numb

I "Pink Floyd" sono stati una rock band britannica formatasi nella seconda metà degli anni sessanta che, nel corso di una lunga e travagliata carriera, è riuscita a riscrivere le tendenze musicali della propria epoca.
La formazione storica, ossìa quella con cui la maggior parte dei fans identifica i "Pink Floyd" è rappresentata dal bassista "Roger Waters", dal batterista "Nick Mason", dal tastierista "Richard Wright" e dal cantante-chitarrista "David Gilmour", che nel 1968 sostituisce "Syd Barrett", costretto ad abbandonare la band a causa di problemi psichiatrici, soprattutto derivati ed aggravatisi irreparabilmente dall'uso di droghe pesanti.
Sorprendente è il fatto che lo stile floydiano non abbia risentito in modo significativo dei diversi cambi di formazione e di leadership (Barrett, Waters e Gilmour), mantenendo inalterato e ben riconoscibile il sound che ha sempre contraddistinto la band per quasi trent'anni di carriera.

E' risaputo che i "Pink Floyd" siano sempre stati caratterizzati dal grande contrasto fra "Roger Waters" e "David Gilmour", e questo è comprensibile, poichè spesso l'aumentare della popolarità di un gruppo coincide con l'accentuarsi delle divergenze fra i vari componenti dello stesso, soprattutto se all'interno della band si trovano a convivere due personalità del calibro di quelle sopra citate.
Quello che invece non è accaduto, se non altro nell'immediato, è stata la dipartita prematura di uno dei due elementi, il che a mio avviso ha potuto solo giovare alla crescita dei "Pink Floyd".
Infatti personalmente ritengo che anche due personalità carismatiche e contrapposte come quelle di "Waters" e "Gilmour", se disposte ad una convivenza magari forzata e un pò burrascosa, possano comunque completarsi per la realizzazione di ottimi lavori.
"Waters" a mio avviso è un genio soprattutto dal punto di vista dei contenuti: egli affronta brillantemente tematiche ricorrenti ma di grande spessore e di grande attualità, come la morte del padre nella seconda guerra mondiale, la crudeltà dell'industria discografica, l'individualismo e l'alienazione nella società moderna, le critiche al capitalismo ed, anche se in minor parte, alla religione.
A "Waters" si deve l'intera idea dell'album "Animals", realizzato nel 1977 e di "The Wall", relizzato nel 1979. Soprattutto quest'ultimo lavoro lo si può definire come un'opera rock, concepita fin dalla genesi come album, film e spettacolo dal vivo, dove si affrontano i temi della solitudine e dell'assenza di comunicazione dovute alla presenza di un muro posto tra le persone: tale barriera è costruita dalla società moderna.
Però non dimentichiamoci che accanto a "Waters" c'è sempre stato un altro genio di nome "Gilmour", impeccabile negli arrangiamenti e nella ricerca continua di suoni anche sperimentali e curati in modo maniacale.
Dal punto di vista musicale i brani generalmente portano la sua firma: arrangiamenti roboanti e complesse divagazioni strumentali, sintetizzatori d'atmosfera che emergono da un tappeto di suoni e voci, lunghi feedback di chitarra che si sposano con le tastiere...
Lo stile chitarristico di "Gilmour" è qualcosa di sublime così come i suoi soli interminabili ed inconfodibili, ed è innegabile che dopo la dipartita di "Waters", avvenuta nel 1985, il leader indiscusso dei "Pink Floyd" sia divenuto lui.

La canzone che preferisco è indubbiamente "Comfortably Numb", perchè, proprio in virtù di ciò che dicevo prima, è il frutto della collaborazione di due geni quali "Waters" e "Gilmour".
"Comfortably Numb" è un'alchimia tra poetica del testo e grande impalcatura musicale, ossìa l'accezione che io attribuisco da sempre al termine "canzone"!
Dico questo perchè so benissimo che da anni si trascina una disputa fra due fazioni: quella che sostiene "Waters" e quella che sostiene "Gilmour".
Io non mi sono mai schierato, perchè ritengo che "Waters" sia stato un grandissimo vulcano di idee e contenuti di grande spessore e che abbia avuto la straordinaria capacità di trasportali in testi disarmanti per la loro bellezza e profondità, ma un testo senza una melodia di fatto è una poesia, così come una melodia senza testo è un pezzo strumentale.
I due elementi presi singolarmente sarebbero un pò riduttivi, mentre il matrimonio fra testo e musica è il valore aggiunto che da origine alla "canzone": la famosa alchimia, la miscela perfetta per un capolavoro.    
In "Comfortably Numb" si realizza un matrimonio praticamente perfetto tra poetica del testo e grande, grandissima, a tratti insostenibile penetrazione musicale.

Il testo di "Comfortably Numb" riprende il tema che caratterizza in modo predominante tutto l'album "The Wall", ossìa la metafora del Muro che l'individuo erige davanti a sè per difendersi dalle brutture riservategli dalla società in cui vive, ma anche dalle cose belle che essa può offrirgli.
Il Muro è una sorta di campana di vetro dentro la quale spesso il protagonista si rifugia come prigioniero consapevole, un'atmosfera ovattata in cui la sua anima trova rassicurazione, serenità ed allo stesso tanta freddezza e sofferenza derivata dalla sua solitudine: in sostanza è un'arma a doppio taglio che non offre via di scampo.
Di fatto questa canzone letteralmente consiste in un confronto fra il cantante e il dottore che è venuto a prenderlo nella sua stanza d’albergo per portarlo ad un concerto.
Il momento è altamente drammatico perchè il cantante sta male prima di un concerto: confuso, probabilmente assopito ed incosciente, travolto dalle droghe e dalla sua storia, si ripiega su sé stesso cercando di fuggire dalla realtà, ma pur essendo perso nella sua disperazione vissuta da questa parte del Muro, egli deve comunque essere rimesso subito in piedi, perchè ha un esibizione da fare ed il dovere di una rockstar è quello far si che lo spettacolo continui.
Il medico rappresenta proprio il business e la società che gli vengono in soccorso, cercando di rimetterlo letteralmente in piedi perchè la musica, la fama, il business hanno la precedenza su tutto e la macchina non  può fermarsi.

La vera drammaticità di questa canzone consiste proprio nel fatto che l'individuo ormai non esiste più, perchè ora esiste solo la rockstar, ingranaggio di una macchina il cui unico scopo è quello di funzionare a qualsiasi costo.

In realtà non esiste nessun dottore e nessun cantante. Qui il cantante fà solo da sppettatore fra i due se stessi che si parlano attraverso il Muro senza capirsi: da una parte la figura del medico-uomo cerca di capire ciò che il cantante-bambino non può spiegare.
L'individuo torna a rivivere per qualche istante, giusto il tempo in cui il cantante-bambino regredisce all'infanzia per ritrovare una sensazione ormai lontana: "quella febbre nelle mani" che non provava da anni e che non tornerà mai più, perchè tutto è finito, perchè il Muro ormai è troppo alto e perchè l'individuo non esiste più, soffocato dalla macchina del business-società di cui lui è solo uno strumento.

giovedì 4 febbraio 2010

Canzoni: versioni studio o versioni live?

Canzoni: meglio le versioni studio o quelle live?

Spesso mi sono fatto questa domanda senza riuscire a darmi una risposta ed oggi vorrei affrontare questo argomento con voi.

La versione studio ha una notevole importanza perchè ha come prerogativa quella di tendere alla perfezione: il lavoro fatto in studio di registrazione gioca un ruolo fondamentale affinchè l'album venga realizzato e persentato al meglio sul mercato dicografico, come la vetrina di un negozio viene ben allestita al fine di attirare un maggior numero di clienti.
Comunque, tornando a noi, la versione studio è senz'altro la base che a mio avviso determina l'approccio ad una canzone: l'impatto non è necessariamente decisivo,  poichè riascoltandolo più volte molto spesso ci capita di innamorarci di un pezzo fino a farlo nosrto, fino a riconoscerlo in ogni piccolo dettaglio testuale e strumentale. E l'immagine di quella canzone verrà identificata nella versione studio.

Però la versione live è un'altra cosa, per diverse motivazioni oggettive e soggettive.
Innanzitutto in un concerto dal vivo si nota il vero valore di un gruppo musicale, perchè lo studio di registrazione è in grado di fare miracoli in quanto alla sonorità degli strumenti ed alla voce del cantante.
Invece in una versione live non si può barare: si evince la capacità vocale e scenica del cantante: egli deve dimostrare di avere una buona voce, una buona resistenza (poichè un concerto dura di norma due ore), di saper andare a tempo e di essere in grado di reggere il palco anche in base alla reazione del pubblico.
La stessa cosa vale anche per gli atri componenti del gruppo, che andando a tempo devono cercare di seguire con precisione la linea guida del pezzo e saper improvvisare senza sbagliare.
Il risultato deve essere una buona performance corale dove ogni componente del gruppo deve sposarsi l'uno con l'altro, come se fosse un tutt'uno, mentre spesso capita che la band risulti essere un puzzle neanche tanto ben riuscito.Poi c'è la parte soggettiva: la versone live trasmette carica ed energia, e tu, che sei legato alla versione studio di cui ormai conosci ogni dettaglio, ti trovi spiazzato di fronte ad un chitarrista o ad un tastierista i quali, rincorrendosi in soli improvvisati, ti danno l'opportunità di scoprire qualcosa di nuovo che la versione studio non poteva più darti.
A volte la canzone viene addirittura riarrangiata come nel caso di "Once upon a time in the west, facente parte del  famosissimo Alchemy live dei Dire Straits: confrontatela con l'originale versione studio!

"Once upon a time in the west" (alcheny live)



Prima parte




Seconda parte





Concludo dicendo che a volte, in una versione live, hai la possibilità di innamorarti anche di una stecca del chitarrista, perchè questa stecca ti fa capire che la musica su un palco viene fatta con cuore ed anima, con il rischio anche di sbagliare qualcosa, il che forse ci rende ancora più vicini all'artista: infondo è umano anche lui.
Guardate ora questa versione live di "Sultans of Swing" dove Mark Knopfler all'inizio ha qualche problema, poi li stende tutti.

"Sultans of Swing" (rock palast live)




Ciao a tutti ed alla prossima....